Gli indifferenti



Ci addentrammo tra le viuzze della città. Un cupo silenzio la soffocava, come la calura estiva dopo la pioggia. Le porte sbarrate, le strade deserte e disconnesse. Mi parve di udire un fruscio solitario dietro le tapparelle abbassate delle case. Sotto consiglio della mia guida vi accostai l’orecchio. Il brusio della televisione accesa, voci concitate che si susseguono in continuazione riempiendo quel deserto di vuoti. Spaventata mi ritrassi: << Dove sono tutti?>> la ragazza dai piedi scalzi mi sorrise. <<Qui. In queste piccole caverne di menzogne e false speranze. Qui, tra le rovine della loro città. Il silenzio e l’indifferenza hanno trionfato sulla vita. Loro credono di aver vinto.>> Mi domandai come mai potesse una società condannarsi da sola, sfuggire alla vita per una serenità morbosa. La morte, la malattia, la fame sono solo fantasie e storielle per bambini; loro non possono essere raggiunti e se ciò accade ricadono, stupiti e increduli, nel loro piccolo mondo solitario. Attraversammo la piazza inanimata. Le statue e i monumenti erano sono un cumulo di macerie. La mia guida ne sfiorò una: << Non appartengono a nessuno, così credono. E ciò che non è loro va trascurato perché non porta nessun giovamento, solo fatica. Se perdono qualcosa si rintanano nelle loro grotte per dimenticare. Domani è un giorno nuovo, ieri era solo un sogno. Sfuggono all’ultimo briciolo di pietà che ancora aleggia nell’aria.>> La città stessa parla al loro posto, ma loro rimangono nascosti sotto il cumulo di quelle mere menzogne, mentre la realtà fuori si sgretola pian piano. Granelli di sabbia divorati dal mare.  


E. Marniga 3 Classico


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