Post

Gli indifferenti

Immagine
Ci addentrammo tra le viuzze della città. Un cupo silenzio la soffocava, come la calura estiva dopo la pioggia. Le porte sbarrate, le strade deserte e disconnesse. Mi parve di udire un fruscio solitario dietro le tapparelle abbassate delle case. Sotto consiglio della mia guida vi accostai l’orecchio. Il brusio della televisione accesa, voci concitate che si susseguono in continuazione riempiendo quel deserto di vuoti. Spaventata mi ritrassi: << Dove sono tutti?>> la ragazza dai piedi scalzi mi sorrise. <<Qui. In queste piccole caverne di menzogne e false speranze. Qui, tra le rovine della loro città. Il silenzio e l’indifferenza hanno trionfato sulla vita. Loro credono di aver vinto.>> Mi domandai come mai potesse una società condannarsi da sola, sfuggire alla vita per una serenità morbosa. La morte, la malattia, la fame sono solo fantasie e storielle per bambini; loro non possono essere raggiunti e se ciò accade ricadono, stupiti e increduli, nel loro piccolo m

Gli arroganti

Immagine
  Io e il mio maestro giungemmo così in un nuovo cerchio, davanti a me vi era un’immensa distesa terrosa che a macchia di leopardo era costellata da tante buche colme di fanghiglia in corrispondenza delle quali si ergevano delle sagome che da lontano avrei detto essere piante o aste verticali ma, una volta che giungemmo sul luogo, notai essere delle persone. L’atmosfera che vigeva nel luogo era lugubre, vi era una luce fioca e l’aria era gelida e secca e rendeva più veloce il dilagare delle forti grida che le anime dannate emettevano; non si trattava di urli di dolore ma oserei definirli quasi gli stessi strepiti che i panettieri emettono quando sollevano pesanti sacchi di farina. Incuriosito dal conoscere l’identità di tali esseri e il motivo della loro sofferenza, con interesse mi rivolsi al mio compagno chiedendo: “Maestro, dove ci troviamo ora? Chi sono questi poveretti costretti a compiere immani fatiche?” al che egli con compostezza e tranquillità mi rispose “Ci troviamo nel cerc

L'invidia

Immagine
Finalmente dopo un lungo viaggio e dopo aver conosciuto tutti i peccati commessi dalle anime, arrivammo all’ultimo cerchio. Si sentivano delle urla che diventavano sempre più forti e insopportabili. Inoltre cominciò a fare così caldo che iniziò a girarmi la testa. In lontananza vidi due gruppi di dannati, uno a destra, dove le anime erano legate e circondate da fiamme, e uno a sinistra, dove le anime erano accecate da una nebbia scurissima e densissima. Allora chiesi alla mia guida: “Chi sono questi spiriti e qual è il loro peccato?”. Mi rispose: “Il nostro viaggio nell’Inferno sta per volgere al termine. Siamo arrivati nell’ultimo cerchio, dove si trovano i peccatori peggiori, gli invidiosi, ovvero coloro che in vita non furono soddisfatti di ciò che possedevano e disprezzavano tutti coloro che avevano qualcosa che desideravano anche loro. Furono sempre insoddisfatti e pensavano che le altre persone avessero sempre qualcosa di meglio di ciò che avevano loro. Questa cosa li faceva impa

La solitudine dei social

Immagine
  Entrai nella città e subito notai che vi era qualcosa che non andava. Vidi una folla di persone camminare guardandosi i piedi, col collo chinato in giù mentre osservavano qualcosa che veniva stretto talmente forte che all’inizio pensai gli desse linfa vitale. Erano tutti così concentrati, nessuno sembrava curarsi di cosa e chi aveva intorno, quello che stringevano tra le mani era talmente potente da staccarli totalmente dalla realtà. Solo alcuni sembravano immuni da questa strana calamita a me estranea; fermai uno di loro e chiesi di che cosa si trattasse. Era un uomo quasi anziano, sulla sessantina, e quando gli feci quella domanda mi guardò strabuzzando gli occhi, come se avesse visto un alieno ma iniziò lo stesso a spiegarmi:, scriverò di seguito una parte di quello che mi disse : “Questa è la generazione Z, la generazione social, e sono tutti presi dai loro telefoni, dalle loro vite virtuali che non riescono più a vedere il mondo reale; se chiedi loro qualcosa sanno risponderti s

Gli arrivisti

Immagine
  Per arrivare dall’altra parte del dirupo dovemmo passare per un ponticello, stretto e traballante; sotto di noi correva un rio con acqua di colore così nera, quasi da non vederne il movimento. Superato il ponte percorremmo una strada sterrata in mezzo ad un paesaggio desertico, cosparso da una polverina rossiccia, molto fastidiosa e della quale i nostri vestiti di lì a poco  sarebbero stati pieni. Dopo almeno cento metri, davanti a noi si presenta un castello protetto da alte mura, che stavano ormai cadendo a pezzi, ricoperte di un materiale apparentemente prezioso che però non riconobbi. Il portone in legno, di dimensioni giganti, era spalancato e nessuno vi era di guardia: “Facciamo attenzione Giulio” mi disse il mio gemello, e quasi a farlo apposta un secondo dopo udimmo un urlo disumano provenire dal centro del cortile del castello. Quell’urlo ci fece gelare il sangue dentro le vene, ma ciò nonostante, spinti dalla curiosità o per l’incapacità di fermarci o di correre via, contin

I superbi

Immagine
  Non appena misi piede all’interno delle mura che circondavano quella nefasta cittadella non potei non notare il tremendo puzzo che risaliva dalle profondità di quel borgo e un’accesa umidità nell’aria. Continuammo il nostro cammino e più ci addentravamo verso il centro, più risuonavano al mio orecchio terribili lamenti di diverse lingue e gerghi, le cui cause rimanevano alla mia vista ignote. Giungemmo quindi nel fondo e in questo luogo si palesò innanzi a me una vista così cruenta da farmi quasi perdere conoscenza e svenire: Milioni e milioni di uomini, tutti uguali, che camminavano portando sulle spalle dei macigni dal peso enorme. Ancora scosso da quella visione, chiesi alla mia guida: "Oh maestro, chi sono questi uomini e perché sono sottoposti a un castigo così tremendo?" "Quelli verso cui provi tanta pena"  Disse, interrompendo il cammino e rivolgendosi verso di me con aria solenne "sono coloro che durante la vita terrene fecero proprio il grigio peccat

Femminicidio

Immagine
Scendemmo nel nono cerchio utilizzando un ascensore piuttosto angusto che ci portò al piano terra di quella che sembrava una ricostruzione ancora più terribile della prigione di Alcatraz. La mia guida mi disse che dove ci trovavamo erano rinchiusi coloro che in vita avevano fatto violenza sulle donne e si erano macchiati di femminicidio. Vidi ben presto che ognuno dei peccatori era destinato a rimanere serrato in queste celle insonorizzate, fredde e buie, completamente nudo, proprio perché nella vita non era riuscito ad apprezzare la compagnia di una donna e per questo ora era condannato alla solitudine eterna. Ci avvicinammo a una di queste celle e aprimmo la finestrella sulla porta per provare a parlare con un dannato. Quando costui si avvicinò alla fessura, indietreggiammo di un passo nel vedere che aveva il volto deforme. “Che cosa hai fatto di tanto malvagio da essere ridotto così male?” gli chiesi, e lui subito mi rispose: “Quando ancora ero in vita amavo una ragazza molto bella,