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Visualizzazione dei post da marzo, 2021

Gli arroganti

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  Io e il mio maestro giungemmo così in un nuovo cerchio, davanti a me vi era un’immensa distesa terrosa che a macchia di leopardo era costellata da tante buche colme di fanghiglia in corrispondenza delle quali si ergevano delle sagome che da lontano avrei detto essere piante o aste verticali ma, una volta che giungemmo sul luogo, notai essere delle persone. L’atmosfera che vigeva nel luogo era lugubre, vi era una luce fioca e l’aria era gelida e secca e rendeva più veloce il dilagare delle forti grida che le anime dannate emettevano; non si trattava di urli di dolore ma oserei definirli quasi gli stessi strepiti che i panettieri emettono quando sollevano pesanti sacchi di farina. Incuriosito dal conoscere l’identità di tali esseri e il motivo della loro sofferenza, con interesse mi rivolsi al mio compagno chiedendo: “Maestro, dove ci troviamo ora? Chi sono questi poveretti costretti a compiere immani fatiche?” al che egli con compostezza e tranquillità mi rispose “Ci troviamo nel cerc

L'invidia

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Finalmente dopo un lungo viaggio e dopo aver conosciuto tutti i peccati commessi dalle anime, arrivammo all’ultimo cerchio. Si sentivano delle urla che diventavano sempre più forti e insopportabili. Inoltre cominciò a fare così caldo che iniziò a girarmi la testa. In lontananza vidi due gruppi di dannati, uno a destra, dove le anime erano legate e circondate da fiamme, e uno a sinistra, dove le anime erano accecate da una nebbia scurissima e densissima. Allora chiesi alla mia guida: “Chi sono questi spiriti e qual è il loro peccato?”. Mi rispose: “Il nostro viaggio nell’Inferno sta per volgere al termine. Siamo arrivati nell’ultimo cerchio, dove si trovano i peccatori peggiori, gli invidiosi, ovvero coloro che in vita non furono soddisfatti di ciò che possedevano e disprezzavano tutti coloro che avevano qualcosa che desideravano anche loro. Furono sempre insoddisfatti e pensavano che le altre persone avessero sempre qualcosa di meglio di ciò che avevano loro. Questa cosa li faceva impa

La solitudine dei social

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  Entrai nella città e subito notai che vi era qualcosa che non andava. Vidi una folla di persone camminare guardandosi i piedi, col collo chinato in giù mentre osservavano qualcosa che veniva stretto talmente forte che all’inizio pensai gli desse linfa vitale. Erano tutti così concentrati, nessuno sembrava curarsi di cosa e chi aveva intorno, quello che stringevano tra le mani era talmente potente da staccarli totalmente dalla realtà. Solo alcuni sembravano immuni da questa strana calamita a me estranea; fermai uno di loro e chiesi di che cosa si trattasse. Era un uomo quasi anziano, sulla sessantina, e quando gli feci quella domanda mi guardò strabuzzando gli occhi, come se avesse visto un alieno ma iniziò lo stesso a spiegarmi:, scriverò di seguito una parte di quello che mi disse : “Questa è la generazione Z, la generazione social, e sono tutti presi dai loro telefoni, dalle loro vite virtuali che non riescono più a vedere il mondo reale; se chiedi loro qualcosa sanno risponderti s

Gli arrivisti

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  Per arrivare dall’altra parte del dirupo dovemmo passare per un ponticello, stretto e traballante; sotto di noi correva un rio con acqua di colore così nera, quasi da non vederne il movimento. Superato il ponte percorremmo una strada sterrata in mezzo ad un paesaggio desertico, cosparso da una polverina rossiccia, molto fastidiosa e della quale i nostri vestiti di lì a poco  sarebbero stati pieni. Dopo almeno cento metri, davanti a noi si presenta un castello protetto da alte mura, che stavano ormai cadendo a pezzi, ricoperte di un materiale apparentemente prezioso che però non riconobbi. Il portone in legno, di dimensioni giganti, era spalancato e nessuno vi era di guardia: “Facciamo attenzione Giulio” mi disse il mio gemello, e quasi a farlo apposta un secondo dopo udimmo un urlo disumano provenire dal centro del cortile del castello. Quell’urlo ci fece gelare il sangue dentro le vene, ma ciò nonostante, spinti dalla curiosità o per l’incapacità di fermarci o di correre via, contin

I superbi

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  Non appena misi piede all’interno delle mura che circondavano quella nefasta cittadella non potei non notare il tremendo puzzo che risaliva dalle profondità di quel borgo e un’accesa umidità nell’aria. Continuammo il nostro cammino e più ci addentravamo verso il centro, più risuonavano al mio orecchio terribili lamenti di diverse lingue e gerghi, le cui cause rimanevano alla mia vista ignote. Giungemmo quindi nel fondo e in questo luogo si palesò innanzi a me una vista così cruenta da farmi quasi perdere conoscenza e svenire: Milioni e milioni di uomini, tutti uguali, che camminavano portando sulle spalle dei macigni dal peso enorme. Ancora scosso da quella visione, chiesi alla mia guida: "Oh maestro, chi sono questi uomini e perché sono sottoposti a un castigo così tremendo?" "Quelli verso cui provi tanta pena"  Disse, interrompendo il cammino e rivolgendosi verso di me con aria solenne "sono coloro che durante la vita terrene fecero proprio il grigio peccat

Femminicidio

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Scendemmo nel nono cerchio utilizzando un ascensore piuttosto angusto che ci portò al piano terra di quella che sembrava una ricostruzione ancora più terribile della prigione di Alcatraz. La mia guida mi disse che dove ci trovavamo erano rinchiusi coloro che in vita avevano fatto violenza sulle donne e si erano macchiati di femminicidio. Vidi ben presto che ognuno dei peccatori era destinato a rimanere serrato in queste celle insonorizzate, fredde e buie, completamente nudo, proprio perché nella vita non era riuscito ad apprezzare la compagnia di una donna e per questo ora era condannato alla solitudine eterna. Ci avvicinammo a una di queste celle e aprimmo la finestrella sulla porta per provare a parlare con un dannato. Quando costui si avvicinò alla fessura, indietreggiammo di un passo nel vedere che aveva il volto deforme. “Che cosa hai fatto di tanto malvagio da essere ridotto così male?” gli chiesi, e lui subito mi rispose: “Quando ancora ero in vita amavo una ragazza molto bella,

Gli ignoranti

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  Dopo ore e ore di vagare nella più completa desolazione, nel silenzio desertico di quel luogo sperduto in cui aveva avuto l’ardire di addentrarmi, mosso sì dall’estrema importanza della mia missione, in modo da non risultare insulso agli occhi della mia guida, ma anche perché non risultassi insulso agli occhi di questo, la cui fermezza d’animo e rettitudine si potevan intuire alla prima occhiata, ecco dunque che giungemmo, all’imbrunire di quella volta cocente, presso ciò che parevan esser i resti di una città, rovine di tempi remoti, ma soprattutto, di antichi dannati.  Questi, ormai dimenticati da tempo immemore, avevan perso ogni traccia di speranza, quella fiamma che nel suo ardere continuo ed immutabile preservava in loro la coscienza, coscienza di sé, del loro passato, della loro vita mortale, smarrendosi dunque nell’oblio della perdizione eterna, nel sempiterno abisso del loro supplizio, come affondando radici di risentimento e disperazione nella sabbia cinerea che ci circonda

Incompetenza

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  Alle soglie dell' “età adulta” (avevo da poco compiuto i 19 anni ed ero arrivato ormai all’ultimo anno di Liceo), mi ritrovai di fronte a quelle scelte decisive per il futuro che la vita ci presenta ponendoci una domanda: a quale modello di adulto volevo aspirare? Navigavo nel mare della Rete, in cerca di informazioni su Corsi di Laurea e Atenei, proiettandomi verso il mio Futuro, ma la navigazione mi portava ad esplorare pagine in cui era il Presente a imporsi. Una parte di me tentava di rimanere concentrata sulla ricerca di informazioni, ma un’altra parte mi portava continuamente su pagine in cui era l’attualità a dominare. E così l’Italia del Terzo Millennio o, almeno, del primo Ventennio del XXI Secolo, mi si presentava con il suo peccato più pericoloso, più squallido, più ripugnante: l’incompetenza. La corruzione, certo, era un male diffuso nella società, ma ancor più dannosa, grave e condannabile era l’incompetenza di chi occupava ruoli fondamentali per la società, in tutti

Gli inquinatori

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  Giunto all’ingresso del quarto cerchio, mi trovai di fronte ad un bivio. Subito mi corse incontro un bambino vivace e allegro, che mi salutò in modo amichevole chiamandomi per nome, come se ci fossimo sempre conosciuti. Disse che mi stava aspettando da molto tempo e, facendosi serio in viso, mi invitò a seguirlo: ”Ho tanto da mostrarti, vieni con me”. Gli chiesi di rivelarmi il suo nome e quando si girò rimasi senza fiato nell’accorgermi che altri non era che io all’età di 4-5 anni. Mi disse che sarebbe stato la mia guida nel proseguimento del viaggio dato che, avendo conservato la purezza incontaminata dei bambini, poteva giudicare con distacco e con una coscienza critica tutti coloro che quaggiù erano puniti. Ci recammo sulla sommità di una collinetta e davanti ai nostri occhi apparve lo spettacolo raccapricciante di un immenso e secco deserto privo di vegetazione e animali, avvolto completamente in una coltre pesante di fumo scuro, denso e maleodorante. Si percepiva un caldo umido

I violenti

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Proseguendo il nostro viaggio io e il mio maestro cominciammo a salire su per una ripida montagna, finché vidi alla nostra sinistra una cascata, ma non era acqua che si riversava di sotto, bensì sangue scuro e bollente. Salimmo ancora, quando di fianco a noi si aprì il torrente che originava la cascata, e il mio maestro mi spiegò che quello era il Flegetonte, fiume di sangue; al suo interno, che si sbracciavano tentando di scappare, c’erano centinaia e migliaia di uomini. Così io domandai:” Maestro, chi sono queste persone?”. E lui con fare sicuro mi rispose:” Questa è e sarà per sempre la dimora di coloro che durante la vita hanno tentato di farsi giustizia da soli; e non con le parole, né con il dialogo, bensì tramite la violenza e spargimenti di sangue (come dimostra la condizione in cui si trovano), che hanno danneggiato sempre gli altri. Erano mariti gelosi, padri, politici, o semplicemente persone non appagate dalla loro vita che sfogavano la rabbia, con la violenza, sugli altri.

Gola e cecità

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Procedendo il mio cammino tra i peccatori mi ritrovai davanti una massa di persone, tutte molto magre, che si guardavano allo specchio, si guardavano tra loro e guardavano foto, tutte piangendo. Allora chiesi alla mia guida chi fossero queste persone e lui a me: “Sono coloro che in vita non dissero mai di no al cibo, coloro che lo mettevano sempre al primo posto, arrivando a pensare incessantemente a questo. E questa loro ossessione non era per cibi buoni per l’uomo, per cibi salutari, ma per dolci o per cibi da fast food, ovviamente sempre in quantità enormi, che li facevano ingrassare portandoli spesso all’obesità. Quest’ultima non è una cosa da sottovalutare perché, come ben sai, è una grave malattia, ma a loro questo non è mai importato, e anzi sembrava loro normale a patto che potessero continuare a mangiare”. Conosco bene questo peccato e lo ritengo il peggiore, infatti davvero non riesco a capire come si possa diventare così ossessionati da qualcosa che arriva a mettere a rischi

Il quartiere degli ipocriti

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Superato il Quartiere dei Truffatori, io e il mio maestro giungemmo davanti ad una piccola viuzza che portava alla facciata frontale di un edificio sfarzoso e ben curato, ricco di dettagli architettonici dorati; proseguendo lungo la strada, riuscii a percepire diversi lamenti di dolore, imprecazioni e pianti provenienti da quel luogo, e, spaventato dalla situazione, mi avvicinai ulteriormente alla mia guida, in cerca di conforto. Egli, essendo il me del futuro, mi rassicurò, spiegandomi che avrei avuto modo io stesso di capire il motivo di tanta sofferenza. Giunti davanti all’entrata dell’edificio, mi domandai in che luogo ci trovassimo; allora il mio maestro esaudì tempestivamente la mia richiesta, e mi disse: “Vedi giovane Nicola, ci troviamo all’entrata del VI Quartiere dell’VIII Città dei Peccati, quello degli ipocriti: coloro che in vita si sono comportati diversamente rispetto alle loro vere intenzioni, mandando in rovina numerose persone; in questo luogo si trovano prevalentemen

I molestatori seriali: gli "stalkers"

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Avevamo da poco lasciato il fiume infernale il cui fetore potevamo ancora percepire, quando la mia guida mi avvertì che, là dove eravamo diretti, l’aria si sarebbe fatta pesante e il silenzio via via più opprimente. L’umidità infatti cominciava ad appoggiarsi alla pelle e sentivo fatica a respirare, quasi come se l’aria non volesse entrare nelle narici. Avevo provato quella sensazione nelle mattine di luglio, sulle rive del Po, e mi chiedevo a chi fosse destinata quella landa spoglia e infelice. La fitta coltre bagnata impediva di spingere lo sguardo più avanti di un paio di passi, per questo la mia guida mi prese sottobraccio, intuendo l’angoscia e la titubanza a proseguire.  Proprio in quel momento un urlo stridulo sopraggiunse << Basta! Fatti vedere! Dimmi chi sei! Cosa vuoi da me? >> e, volgendomi in quella direzione, potei intravedere la fioca luce di un lume. Allora il mio maestro mi disse: << Vieni Elia, non avere paura, avviciniamoci e ti sarà dato scoprire un

La perdita di umanità

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  Viaggiando con me medesima giunsi ad un luogo che di caratteristico aveva il nulla. La nebbia copriva le menti e i corpi, tanto che quasi mi persi nel non essere. Chiesi a chi sapeva, la mia guida, dove ci trovassimo: “ Siamo in un luogo dove regna la disperazione ma i disperati non ne sono consci”. Così mi rispose la mia guida, con pietà nel suo sguardo ma sprezzante delle anime in quel luogo rinchiuse. “ Coloro sono quelli che persero di vista la loro umanità, dimenticandosi della grandiosità della mente, credendo di essere liberi ma facilmente soggiogabili attraverso la ragione. Quest’ultima è stata infatti da loro dimenticata e così anche la capacità di essere liberi.”. Il mio animo confuso rabbrividì alla conoscenza della possibilità della perdita del proprio essere, del proprio pensiero e della propria ragione, ma fui presto rassicurata da comunque terribili parole: ”Queste persone scelsero di annullare ogni possibilità di ragione, si fidarono dell’istinto per ogni comune situa

Vittimismo

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Era ormai da tempo che continuavamo a costeggiare un’immensa altura, dall’alto di essa si scorgeva un impressionante bagliore, una luce divina avrei osato pensare, se non che il percorso su cui tanto ci stavamo affaticando ne  affermava il contrario; nemmeno delle sterpaglie vi era l’ombra, le gemme dei pochi arbusti si putrefacevano e al suolo, come anime deliranti, stramazzavano ormai marce. Non che la mia coscienza in quel momento si fosse dissolta o che il mio buon senso fosse divenuto come gli inermi grovigli di rami lungo la ripida via, che non mi si fraintenda! Ma i miei occhi, così come tutto il mio corpo  si volgevano unicamente  verso quell’accecante punta, desiderosi di scorgerne almeno un fascio luminoso, non badando al resto. Avrei ben volutamente chiesto riguardo a quella luce alla mia onesta guida, ma la fatica dovuta dal viaggio mi aveva ormai completamente prosciugata. Arrivammo comunque alla cima dell’altura e  dopo aver ripreso le forze, prontamente chiesi il perché

Bullismo

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Va gando per i parchi cittadini, giungemmo a un loco, dove trovammo una singolar folla, adunata intorno a un’anima indifesa. Le lingue eran diverse, accompagnate da schiamazzi ed urli e telefonini usati come armi si sovrapponevan per riprendere una scena che ancor non mi dà pace. Ma prima di veder ciò che lì accadea, chiesi allo mio duca: “Maestro, che parole son mai queste? E chi son costoro che tanto si ammassano alla ricerca di qualcosa che ancor mi sfugge? E perché non portano la mascherina per difendersi dallo morbo che infesta questa terra? “. E lui tristemente a me rispose: “Quelli che tu vedi appartengon al girone dei “bulli”. Irrispettosi delle leggi vigenti e pronti sempre ad attaccar i più deboli. La povera anima al centro della folla, capitata qui per caso,e che ora puoi vedere bene, è vittima di costoro che lo insultano, lo picchiano e ne riprendono tutti i momenti con i loro telefonini. Essi non si curano neanche di proteggersi dal virus che ormai alberga in questi luoghi

I presuntuosi

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Camminando io arrivai in un luogo che di particolare aveva ben poco. Era una baia, sperduta nel nulla più totale, desolata e priva di essenza. Sembrava un luogo disperso, ricoperto unicamente dalla più oscura nebbia. In mezzo a tutta questa nebbia, sentii improvvisamente forti lamenti. Le lingue erano diverse, alcune strane, altre del tutto sconosciute, ma sentivo sicuramente esclamazioni di rabbia e di dolore. Chiesi dunque al mio maestro: “Maestro, ma chi sono questi esseri, e di cosa si lamentano?”. “In questa pessima condizione” disse con un tono pacato “vivono coloro che pensano di sapere sempre tutto, di conoscere ciò che non si può neanche lontanamente immaginare, coloro che credono di essere superiori agli altri: i presuntuosi.” Io, un po’ sorpreso allora chiesi “ma cos’hanno da lamentarsi così?” “Stanno soffrendo, a causa della loro ripetuta sfacciataggine e arroganza verso tutti gli altri. Si sono ripetutamente presi gioco della società, e questa è la giusta punizione”. Tutto

La solitudine delle anime

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Per le strade le persone camminavano come avvolte da delle bolle, nessuno faceva caso all’altro. C’erano bambini che piangevano e cani che abbaiavano, ma nessuno prestava attenzione al loro richiamo di attenzione o, magari, aiuto. Ognuno proseguiva per la propria strada, se si fermava a parlare con qualcuno, lo faceva con un falso sorriso in faccia. Io, sdegnata da quella visione, chiesi: ‘’Maestra, che cosa sta succedendo qui?’’ e lei, sorridendo, disse: ‘'Cara mia, i tempi sono cambiati e con loro anche le persone. Pensano solo al loro bene, senza preoccuparsi di quello altrui. Se perdono del tempo con qualcuno, è solo perché reputano quella persona utile , se no proseguono con la loro vita.’’ Io, ancora più confusa di prima, domandai cosa fosse successo alle amicizie e agli amori e lei, ancora una volta con un’aria gentile, mi rispose: ‘’Le amicizie disinteressate sono ormai rarissime e gli amori sono solo per il corpo, senza prestare caso alla persona.’’ Questi, senza più un co

Ipocrisia Umana

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Mi svegliai improvvisamente, colto da una sensazione di malessere e ai miei occhi apparve la visione di un paesaggio inusuale. Mi alzai e feci qualche passo, fino a quando non mi venne incontro un individuo alto, anziano, dalla corporatura esile e tremendamente segnato dal tempo. Istintivamente mi scansai nonostante mi trasmettesse una certa sensazione di familiarità, alla fine l’uomo si avvicinò e in modo dolce e pacato mi disse di non spaventarmi visto che ero stato designato per compiere un viaggio e scoprire i peccati che caratterizzano la società odierna. Non conoscevo nulla di questo individuo, dove fosse nato, che esperienze avesse vissuto; decisi di chiamarlo “Maestro” e di porgli qualche domanda alla quale non recevetti nessuna risposta, se non l’affermazione che eravamo più simili di quanto potessi pensare. In quel momento capii chi era colui che passeggiava al mio fianco: io stesso. La situazione e il contesto mi colpirono in modo significativo. Camminammo per diverse ore gi