Ipocrisia Umana
Mi svegliai improvvisamente, colto da una sensazione di malessere e ai miei occhi apparve la visione di un paesaggio inusuale.
Mi alzai e feci qualche passo, fino a quando non mi venne incontro un individuo alto, anziano, dalla corporatura esile e tremendamente segnato dal tempo.
Istintivamente mi scansai nonostante mi trasmettesse una certa sensazione di familiarità, alla fine l’uomo si avvicinò e in modo dolce e pacato mi disse di non spaventarmi visto che ero stato designato per compiere un viaggio e scoprire i peccati che caratterizzano la società odierna.
Non conoscevo nulla di questo individuo, dove fosse nato, che esperienze avesse vissuto; decisi di chiamarlo “Maestro” e di porgli qualche domanda alla quale non recevetti nessuna risposta, se non l’affermazione che eravamo più simili di quanto potessi pensare.
In quel momento capii chi era colui che passeggiava al mio fianco: io stesso.
La situazione e il contesto mi colpirono in modo significativo.
Camminammo per diverse ore giungendo davanti ad una foresta selvaggia di folte siepi spinose, che creavano una sorta di ingresso.
Entrai confuso e domandai al mio Maestro dove stavamo per dirigerci; egli mi invitò a sfiorare quelle siepi: avrei potuto ferirmi, ma in quell’istante ebbi la percezione sostanziale della differenza tra realtà e irrealtà .
Giungemmo ad un muro altissimo, pensai che toccasse il cielo;non erano presenti ingressi nè uscite.
Chiesi al Maestro dove fossimo giunti ed egli rispose che eravamo in un luogo dannato abitato da folli ipocriti, dove la falsità regnava sovrana.
Mi suggerì di varcare le mura e, nonostante il mio scetticismo, mi ritrovai improvvisamente dall’altra parte della cinta e rammentai l’insegnamento precedente.
Fui raggiunto dal Maestro e mentre avanzavamo nella nebbia mi spiegò che queste mura non sarebbero state varcate da nessuno dei dannati, destinati a vivere eternamente in questa “prigione”, poiché non avvezzi a vivere in un mondo reale, ma in un mondo governato dalla mendicità.
Oltrepassata la nebbia giungemmo al centro della regione, dove era presente un’alta torre, al cui apice era collocata una bilancia, che simboleggiava verità e giustizia.
Gli ipocriti, apparentemente normali, erano stati privati dei loro occhi, per questo motivo indossavano maschere di diversi colori prive di fessure.
Ogni colore delle maschere era associato ad una tipologia di ipocrisia, usata nella vita: il rosso per conquistare una donna con la falsità, l’oro per arricchirsi.
Tutti avevano un fine in comune: quello di scalare la torre per raggiungere la verità assoluta.
La torre presentava diverse insidie, ed i dannati nella loro infinita e inarrivabile scalata sarebbero stati condannati a ricadere nel mondo sempre vissuto.
Con occhi increduli, udendo urla strazianti, provai pietà per i dannati.
Improvvisamente,la terra sotto ai miei piedi cominciò a tremare e svenni.
L. Perrone 3CS
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