Il quartiere degli ipocriti


Superato il Quartiere dei Truffatori, io e il mio maestro giungemmo davanti ad una piccola viuzza che portava alla facciata frontale di un edificio sfarzoso e ben curato, ricco di dettagli architettonici dorati; proseguendo lungo la strada, riuscii a percepire diversi lamenti di dolore, imprecazioni e pianti provenienti da quel luogo, e, spaventato dalla situazione, mi avvicinai ulteriormente alla mia guida, in cerca di conforto. Egli, essendo il me del futuro, mi rassicurò, spiegandomi che avrei avuto modo io stesso di capire il motivo di tanta sofferenza.

Giunti davanti all’entrata dell’edificio, mi domandai in che luogo ci trovassimo; allora il mio maestro esaudì tempestivamente la mia richiesta, e mi disse: “Vedi giovane Nicola, ci troviamo all’entrata del VI Quartiere dell’VIII Città dei Peccati, quello degli ipocriti: coloro che in vita si sono comportati diversamente rispetto alle loro vere intenzioni, mandando in rovina numerose persone; in questo luogo si trovano prevalentemente i politici, i grandi demagoghi e oratori della storia, ma non mancano banchieri, figure dei “piani alti” e tutte le persone che in vita hanno fatto dell’ipocrisia la base della loro esistenza. Non voglio anticiparti nulla riguardo ai dannati, infatti vedrai con i tuoi occhi la pena che devono scontare; mi raccomando, l’apparenza inganna, ricordatelo”. E fino a quel momento non mi era mai stata detta frase più vera, perché non appena oltrepassai il grande portone che faceva da entrata all’edificio, mi accorsi che la lussuosa facciata che avevo scorto da lontano non era altro che un cartonato assolutamente finto, dietro il quale non vi era alcun palazzo degno di un sovrano ma una vasta piazza in cemento, circondata da edifici grigi e spogli, quasi come se fossero stati abbandonati da secoli. Frastornato e perplesso dall’accaduto, cercai di orientarmi in quello che sembrava essere un deserto di catrame, camminando di qua e di là in cerca di qualche informazione; mentre perlustravo la zona, m’imbattei in un folto gruppo di figure misteriose, che indossavano tutte  dei lunghi mantelli neri e con delle pesanti maschere di piombo, ognuna delle quali era incisa in modo che avessero quasi delle espressioni umane. Alcune rappresentavano l’allegria, altre la tristezza o la rabbia, e in generale ogni sentimento che l’uomo possa provare. I dannati erano costretti a compiere una marcia infinita lungo il perimetro della piazza, con un passo molto lento a causa delle pesanti maschere; inoltre, notai che queste erano fissate con dei chiodi spessi e lunghi alla loro testa, quando un elemento del gruppo mi venne abbastanza vicino perché ero in mezzo alla loro traiettoria. Provai pietà per loro, ma al contempo ero inorriddito dalla punizione crudele a cui erano sottoposti. Il mio maestro, notando il mio sgomento, mi si avvicinò e disse: “Ecco gli ipocriti di cui ti parlavo. Come hai potuto osservare, sono costretti ad indossare queste pesanti maschere di piombo e a camminare ininterrottamente, così come nel nostro mondo hanno vissuto facendo vedere agli altri una faccia che non era la loro”.


N. Adorni 3CS


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